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martedì, dicembre 09, 2003


IL SANGUE DEI VINTI

Apro questa pensàta con un commento ripreso dal sito di vendita on-line di libri iBS:
"Il libro di Pansa ,tanto esaltato dalla critica , è un vero scandalo ,un gretto tentativo di revisionismo storico teso a infangare la Resistenza ,ovvero ciò a cui ogni vero Italiano dovrebbe essere grato sopra qualsiasi cosa. I repubblichini e i fascisti giustiziati se lo erano soltanto meritato ! Quanti partigiani e patrioti sono stati barbaramente trucidati ... è stata la legittima vendetta di un popolo portato alla disperazione dal regime fascista e dall'occupazione nazista. "
Forse non tutti sanno che Giampaolo Pansa ha recentemente dato alle stampe "Il sangue dei vinti" (Sperling & Kupfer), un romanzo ambientato durante l'ultimo periodo della Resistenza italiana, alla fine della seconda guerra mondiale. Ne hanno scritto tutti i giornali, perciò forse ne avete sentito parlare. L'ultima fatica di Pansa ha sollevato molte polemiche, poichè pare che il codirettore de l'Espresso abbia seguito la via di un revisionismo storico libertino e ben poco condivisibile da chi la Resistenza non solo l'ha studiata, ma l'ha vissuta sulla propria pelle. Fermo restando che nessuna vendetta personale potrà mai giustificarsi nè poggiare sull'accondiscendenza collettiva - anche se i giustiziati furono a loro volta degli assassini - e pur considerando che le fonti utilizzate per qualunque ricerca storica devono essere inconfutabili e dimostrabili, non credo si possa valutare la rabbia provata dai partigiani alla fine della guerra mondiale allo stesso modo in cui venne valutata l'arroganza sanguinaria e disumana dei fascisti. Non possiamo cioè porre questi fatti storici sulla stessa bilancia, almeno dal punto di vista etico, non legale, poichè furono mossi da due diversi intenti di fondo. La rabbiosa vendetta di uomini esacerbati da tanto orrore estrinsecata in fatti sanguinosi di ben poca dignità, quali quelli che videro trucidare fascisti e repubblichini ad opera di partigiani, non può giacere al fianco delle innumerevoili e costanti aggressioni gratuite d'arroganza fascista che produssero migliaia di morti senza apparente motivo, in nome di un regime disumano (la sola pratica della decimazione credo sia di una eloquenza raggelante). I casi di giustizialismo partigiano, che tuttavia sono stati storicamente condannati, furono momenti di cieca vendetta umana, mossi dalla disperazione di anni di guerra vissuta sulla propria pelle e motivati dal terrore di vedere lasciati liberi ed impuniti i mandanti fascisti (la legge fin troppo spesso non ha punito imputati colpevoli, macchiati da reati innominabili, grazie a piccoli cavilli burocratici, alimentando nella gente la paura, l'amarezza ed il sentimento di vendetta personale). L'Italia tutta visse per anni nella morsa del terrore fascista e deve ai partigiani l'ultimo respiro che le impedì di soccombere. Il nazifascismo fece della violenza costante, ingiustificata ed ineluttabile, la cifra della propria vigliaccheria ed un acerrimo strumento legale di assoggettamento politico.
"E' cosa ben nota, e presente anche nella storiografia più seria, che al momento della Liberazione del nostro Paese dal feroce e sanguinoso dominio nazista affiancato dal volenteroso e spietato collaborazionismo del secondo fascismo, quello di Salò, e nel periodo immediatamente successivo alla Liberazione stessa si verificarono violenze e uccisioni originate dall'enorme somma di sofferenze e di orrori che quella occupazione e quel regime avevano imposto al nostro Paese. Una sorta di "reazione fisiologica" come è stata storicamente definita. Deve anche essere ricordato che nella situazione di disordine che ha inevitabilmente caratterizzato la fine della guerra si sono inserite anche azioni di rivalsa incontrollate e personali." (Anpi))
Il libro è comunque da leggere, per capire di più, per ragionare sopra alla Storia che sembra proprio ritornare ciclicamente, non tanto nei fatti, quanto nelle ideologie, come le onde del mare.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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