Ocurréncia - Libri, cinema, arti, biografie ed attualità | Clicca per tornare alla home page

> OCURRÉNCIA

> ARCHIVI

> IN EVIDENZA

giovedì, novembre 13, 2003


LA GUERRA NON È FINITA

Come tutti ben sappiamo ieri mattina, alle 8.40, un contingente italiano è stato attaccato dai terroristi del fondamentalismo islamico a Nassiriya in Iraq. La notizia è tanto semplice quanto terribile e ha colto tutti impreparati. Come poteva essere diversamente da così? Chi si sentirebbe pronto per una notizia del genere? Chi per una fine di tale violenza? Nessuno, anche se il tuo lavoro è solcare suoli di guerra con gli ideali di patria e libertà nel cuore e la volontà di eseguire il tuo dovere, anche se di mestiere cerchi di aggiustare le cose in un paese devastato da mesi di bombe e anni di dittatura feroce credendo di dare una mano alla pace. A quella pace che non arriva, che nessuno sa dov'è, perché non si trova il vero problema da combattere.
19 italiani, tra carabinieri e soldati, e 7 civili iracheni sono morti in quell'attentato che ancora non ha mosso rivendicazioni, i cui mandanti sembrano ignoti.
Ho provato a leggere un po' di testate italiane, a seguire i vari tiggì, ad ascoltare interviste alla radio a giornalisti inviati di guerra od opinionisti.Sono giunta a varie considerazioni a cui, credo, molti di voi non si sentiranno estranei.
Innanzitutto le informazioni non passano mai come dovrebbero: partono in un certo modo e poi diventano altro, a seconda dell'utilità mediatica di quel dato. Non serve una censura per manipolare un'informazione,a volta basta molto meno, basta omettere il termine "guerra" dai discorsi commemorativi in parlamento (come hanno fatto tutti, da Berlusconi, a Martino, ad altri) o incedere su termini come "libertà" e sinonimi e "lotta al terrorismo" per trasformare una notizia di lutto, dolore e rabbia in un rilancio di un'idea sbagliata in partenza.
I militari italiani non dovevano andare là e ieri molti parlamentari, che votarono "sì" per quella partenza, hanno avuto paura. Quel voto di maggioranza, apparentemente "necessario e legittimo" ha avuto effetti collaterali incontrollabili.
Qualche luminare ha squarciato la monotonia dei cordogli con un "chi va in guerra sa che si rischia la vita". Ma i nostri militari erano andati là per fermare una guerra o per creare una nuova civiltà democratica? Ma la guerra non era finita? Era una missione bellica o di "pace"?
La Gruber su RadioUno ha affermato che in Italia non si sanno tante cose, che le notizie non arrivano come dovrebbero, che si perde per strada qualcosa, perché la guerra in generale, ma soprattutto questa guerra, ha un suo "linguaggio" particolare, difficile, e che il "dopoguerra iracheno" di cui tanto si parla è in realtà una seconda guerra.
Già, una guerra che non solo non è mai finita, ma che non trova la legittimità che insegue da mesi, ma che anzi dimostra a se stessa e a noi, ogni giorno, con la sua crudeltà, la sua cecità, quanto sia inutile e troppo costosa per un obiettivo come quello della "enduring freedom".
Non mi è piaciuto l'editoriale di Folli sul Corriere di oggi, perché nel finale elogia una maturità politica del parlamento irreale: la maturità con cui il parlamento dovrebbe aver risposto a questa tragedia non s'è vista, nessuno l'ha colta dai discorsi fatti dai ministri. Non mi sono piaciuti gli assalti dei giornalisti dei tiggì ai familiari della vittime. Non mi è piaciuto il generale atteggiamento di rafforzare in tutti noi l'odio verso gli islamici al fine di legittimare questa guerra. Molti hanno parlato di "strumentalizzazione" di queste morti ed ha ragione: c'è stata, perché siamo in Italia e non siamo esenti da questo virus.
Questa tremenda perdita diventerà la testa d'ariete per chissà cos'altro.
Il parlamento è diviso, spezzato in 2, 3 opzioni: riportare a casa i soldati? Lasciarrli là? E se li lasciamo là che cosa diciamo che si fa "là"? La pace? Facciamo la pace o combattiamo il terrorismo? Facciamo la guerra?
E siamo sempre lì. Al terrorismo che non ha volto né luogo, che è una piovra multi-continentale e che si vuole a tutti i costi combattere con una guerra isolata e stanca. Strumenti sbagliati per una lotta non ben definita.
L'Italia sta pagando un prezzo troppo alto per questa guerra che nessun italiano voleva, per questo orrore che sembra compiacere solo gli Usa. Il nostro governo è ogni giorno di più sempre meno capace di gestire l'entrata dell'Italia nel contesto internazionale e si inserisce nei giochi politici globali senza protezioni di sorta.
Gli italiani morti nell'agguato di ieri per me sono eroi e meritano tutto il nostro rispetto, tutto il nostro partecipato dolore. Hanno fatto il loro dovere, con coraggio ed onestà. Il mio pensiero va ai militari che sono rimasti là, che forse non torneranno a casa per molti mesi e che desiderano non deludere il proprio Paese e li ammiro.
E poi è tornato Bin Laden, ma questa è un'altra storia, brutta, ma diversa.


 


> PENSATE LINK-OLÀ



Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

ocurréncia
Il contenuto di questo sito è protetto da
Creative Commons License