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venerdì, marzo 21, 2003


ORE 3.35 - È un giorno come tanti, l'ultimo dell'inverno che volge al termine. È il 20 marzo di un anno moderno, tecnologico, iperaccessoriato, scampato a conflitti mondiali, a pandemie terribili, sopravvissuto alle carestie, a decine e decine di disastri ecologici.
È il 2003, l'uomo ha capito come clonare gli esseri viventi, la scienza costruisce semi vegetali che respirano, i media internazionali raccontano la vita della gente come fosse un film e mentono senza ritegno come in un'abitudine.
Camminando lungo le vie delle metropoli occidentali si può osservare come tutto quanto ci circonda ossessivo sia stato creato per aiutarci a vivere meglio. Eppure, sedendomi al tavolino di un bar e bevendo un bicchier d'acqua, dal sapore indefinibile, comprendo come non mi serva a nulla tutto questo per sentirmi felice. La felicità: che cos'è la felicità? E per chi è la felicità? È per il singolo, non per la moltitudine. La felicità è un sentimento egoista eppure così vitale, che investe il singolo. Nessuno Stato può progettare la felicità di un popolo, è un obiettivo che va contro ogni logica.
È mattino, molto presto, un terzo della popolazione del Globo terrestre dorme, un terzo si sta svegliando per ricominciare una giornata di lavoro ed impegni, di strategie di sopravvivenza, ed un ultimo terzo prova a vivere come normalità un ennesimo giorno ingrato, difficile.
La mia stanza è imbavagliata nel sonno, sospesa in un limbo etereo, impalpabile, abitato dalle chimere della mia mente abbandonata al riposo. Ignoro i bagliori ferruginosi, le onde d'aria gommose, il vento bellico.
A Baghdad suonano le sirene, la gente si sveglia alle radici dell'alba, terrorizzata. La spada di un Dio sconosciuto sta arrivando. È la democrazia, dicevano poche ore prima nei ristoranti, lungo le vie del centro. È la giustizia che ci verrà a salvare. Saremo liberi, liberi..., liberi dall'embargo, dalle torture, dalla fame. Lavoreremo, impareremo a desiderare "cose".
Ecco, sta arrivando il Paese difensore dei deboli, il falco alato che difende la libertà nel mondo, che detta le leggi dell'equità, che spazza via tutti i soprusi, che decide a chi togliere e a chi dare la felicità. Nel cielo volteggia come un giustiziere un intero Paese, tronfio d'orgoglio, che sceglie a priori chi è il buono e chi è il cattivo. Se arriva qui, dicevano nei piccoli supermercati, di fronte ai banconi della frutta, sarà perché meritiamo la felicità, quella dorata, aurea e lucente felicità che in occidente chiamano benessere.
Il benessere. Che prezzo ha il benessere? Quanto ci costerà?
Qualcuno è sollevato, forse potrà realizzare i propri sogni, comperare una casa, avere un lavoro dove non ti sfruttano, mangiare, comperare medicinali per i propri figli, viaggiare. Altri piangono, sommessamente, altri ancora non dormono da giorni e ascoltano la sirena come la liberazione del laccio emostatico dopo il prelievo del sangue dall'avambraccio. Il sangue scorre nelle vene roboante, tellurico, vischioso di rabbia e sgomento.
Sembrava una mattina come le altre. L'unica certezza che si ha, a volte, è che sorge il sole, come se nulla fosse cambiato tutto intorno.
Il cielo Tuona, eppure si vedono le stelle, appannate dall'alba nascente. Un rombo e poi ancora tuoni, cupi, sordi, plumbei. Ecco gli amici, arrivano, scaricheranno le loro buone azioni sulle teste di noi povera gente, di tanti "nessuno" che cercano di vivere come tutte le persone del mondo, ma è per il bene di un popolo, di questo popolo che ha una storia millenaria ma che nessuno conosce.
La libertà. Che cos'è la libertà?
È ancora mattino. Ho appena acceso il computer e mi sono collegata ad Internet. Fuori splende il sole, ma ho come un cupo peso d'angoscia nel cuore. Mi tremano le mani, mi sento la gola annodata.
A Baghdad è iniziata una guerra che nessuno voleva, che non porterà la felicità, che poco ha a che vedere con la libertà e la democrazia. Gli Stati Uniti stanno violando le leggi internazionali: dopo questa guerra, quanto sarà sicura la Terra? Chi bombarderanno allora? I media d'informazione continuano a mentire, a raccontare frottole accomodanti, che lavano la coscienza. Mi sento triste, rancorosa. Confusa. Non ho potuto fare niente, io, dal piedistallo del mio benessere, dalla torretta protetta della mia saccente libertà.
Ti svegli una mattina, di primavera, e ti senti inerme, impotente di fronte a tanta stupidità, a tanta arroganza occidentale. La primavera, coi suoi germogli e l'aria addolcita, si affaccia su di un pianeta Terra apparentemente silenzioso. Se guardi dallo Spazio la Terra sembra ruotare muta, tranquilla. Nello Spazio non c'è suono. Da lassù si osserva la vita umana come dipanata dentro ad un film muto di inizio '900. Eppure, se ti avvicini, vedi l'Inferno, così com'è rappresentato nei nostri più freudiani incubi notturni.
Non c'è bisogno di morire per ritrovarsi tra le fiamme dell'Inferno: oggi l'Inferno è questo tentacolare e subdolo Impero, che non ti concede la possibilità di lavorare, che non ti permette di costruirti la tranquillità, che ti ruba il pudore, i diritti, la dignità, che fa le regole e poi le infrange con regole nuove, che ti umilia, che manipola la Vita per la felicità di appena qualche singolo.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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