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mercoledì, gennaio 15, 2003


GRASSO AMERICANO - Grasso è bello. Grasso è malessere. Grasso è ricchezza. Quanti significati abbiamo tratto da una persona grassa, particolarmente corpulenta, nel corso dei secoli. ... Fino ai primi dell'800 una persona grassa era contenta di esserlo, poichè simboleggiava la sua posizione sociale, evidenziava il fatto che fosse ricca e che poteva permettersi di abbuffarsi in farinacei e carne. Poi il grasso è diventato simbolo antiestetico, per poi riacquistare la sua aurea di benessere nei primi 50 anni del '900. Solo negli ultimi 30 anni si è iniziato a parlare di grasso come di una spia d'allarme, come di un avviso che informa che nelle civiltà sviluppate qualcosa si è inceppato. Il consumismo, nei suoi eccessi psicologici, ha deformato gli uomini, creando un malessere laddove dovrebbe esistere solo piacere. Come si dice: "il troppo stroppia".
Greg Crister, nel suo libro "Fat Land: How Americans Became the Fattest People in the World" non solo racconta come sono cambiate le abitudini alimentari, come si è modificata la distribuzione dei "ciccioni" all'interno della società americana e perchè gli Stati uniti sono oggi il Paese con più problemi di obesità, ma soprattutto avanza una tesi allarmante: il grasso accompagna la povertà.
"Overweight will kill far more Americans each year than any terrorist would dare dream of taking out, and Critser is rightly incensed about the death toll racked up by cardiovascular disease, hypertension and especially diabetes, along with all the other fat-related illnesses." (tratto da salon.com)
Dunque, oltre al grasso killer ora dobbiamo fare in conti con uan povertà obesa, malata.
Lo studio dell'alimentazione di un paese e di come l'economia si sviluppa, soprattutto di come si comportano i consumatori negli acquisti, sia in base al reddito sia in base all'offerta, è molto interessante ed offre numerosi spunti di riflessione per comprendere l'evoluzione ed il progresso di una società.
Oggi la coppia "povertà e magrezza", nei paesi industrializzati, non esiste quasi più, salvo casi estremi. La magrezza divide i poverissimi (barboni o persone che vivono ai margini estremi della società) dai poveri che lavorano, che dispongono di potere d'acquisto. Che il grasso sia più diffuso nei ceti medio-bassi è dimostrato dal fatto che alimenti di bassa qualità, ricchi in grasso, costano meno di quelli raffianti e lavorati oltre misura. I vegetariani e i macrobiotici o semplicemente coloro che acquistano prodotti biologici o di "alta qualità" possono testimonairlo: la differenziazione alimentare costa.
Ragionando al contrario dunque, ovvero partendo da una situazione di obesità, è certamente vero che dimagrire costa caro: costa in denaro e tempo. Le diete sono un lusso. Anche Crister lo dimostra.
Sul New York Times (iscrivetevi online, è gratuito) potete leggere il primo capitolo del libro.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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