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mercoledì, luglio 31, 2002


molto interessante ed acuta la riflessione di Claudio Magris "sul perdono", pubblicata oggi sul "Corriere della sera". Dopo la lettura di codesto articolo ci si domanda a chi giovi il perdono: alle vittime o ai carnefici? Ed esso è poi così eticamente accettabile? "...Nessuno, inoltre, può perdonare, nemmeno moralmente, torti inflitti a un altro, fosse pure suo figlio, perché quest’ultimo non è un oggetto di cui il padre o la madre possono disporre, così come si può invece perdonare qualcuno che ci ha rotto un vaso prezioso. Uno può perdonare l’assassino del figlio solo per la parte che gli compete, per il dolore che quella morte gli ha provocato, ma non ha alcun titolo per perdonare o no la morte di suo figlio. ..." Magris ricorda anche come nel nostro paese si mescoli la legge col sentimento, ovvero due cose che non possono mescersi, come ama tanto fare la libera America, che fa assistere i parenti delle vittime all'esecuzione mortale degli imputati carnefici. L'orrore copre altro orrore, l'aberrante vendetta si avvale della compiacenza della legge. il diritto di giustiziare soverchia e sovrasta la stessa giustizia. Ma è anche drammatico come spesso la nostra società perda la bussola e confonda i fatti, i personaggi e, soprattutto, i ruoli, assegnando diritti a chi "avrebbe dovuto" e poca importanza a chi non c'è più, quasi sminuendo la sua bontà violata. Si passa da un estremo all'altro, a volte provando più pena per il carnefice che per al vittima, aiutandolo nel suo "rinsavimento", e altre confondendo giustizia con beffa. "...Oggi spesso il colpevole - che è certo sempre anche vittima di se stesso o delle sofferenze e ingiustizie patite che lo hanno traviato - viene considerato quasi fosse l’unica vittima e viene compianto e coccolato più di chi ha subito la sua violenza. [...] L’involontaria parodia, del resto, è sempre più una caratteristica della nostra società e talvolta è difficile distinguere una esaltazione da una presa in giro..." La conclusione di Magris mi è piaciuta molto perchè scardina le fondamenta di molti castelli ideologici "...Perdonare serve poco a chi viene perdonato, che resta - se ha un briciolo di coscienza - col peso del delitto commesso e della propria debolezza; serve di più a chi perdona e così si libera da quel groviglio di astio, di furia anche autolesiva, di ossessione che inquina l’animo smanioso di vendicarsi..."


 


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