giovedì, luglio 25, 2002
Elsa Morante in un ricordo di Giorgio Montefoschi: "...Però, c’erano anche momenti bellissimi. Quando si parlava di letteratura, per esempio, e lei si accomodava il fazzoletto, socchiudeva gli occhi, come per attingere - proteggendosi - a una realtà immensa che non avrebbe mai finito di scoprire, a un mistero che le provocava stupore, gioia e sgomento. Oppure quando parlava di Gesù e del Vangelo, e diceva che Gesù era stato l’unico vero rivoluzionario mai apparso sulla terra, perché era stato l’unico a rifiutare per davvero il Potere, compreso quello che gli veniva da Dio, avrei aggiunto io. Oppure, quando parlava di una vecchietta che aveva conosciuto al Pincio e - la cosa la esaltava - voleva rivenderle un loculo al Verano. Meno d’accordo ero sulla sua convinzione secondo la quale vale la pena soltanto di scrivere i libri che cambiano il mondo: perché il mondo, la finitezza dell’uomo e della natura, non li cambia nessuno, tanto meno i libri. Riflettevo, invece, quando spiegava che i veri scrittori scrivono con la morte appollaiata sulla spalla: è così.
..." Di Elsa Morante ho letto solo "L'isola di Arturo" e sto aspettando che esca, con Repubblica, "La Storia"...
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