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sabato, luglio 27, 2002


"...«Abbiamo fatto il nostro lavoro di cronisti. Perché scandalizzarsi? Non riesco a comprendere. Erano foto inedite dell'interno della casa del delitto che prima o poi sarebbero uscite, magari quando ci sarà il processo. Esiste il diritto di cronaca, c'è il nostro mestiere che è quello di informare i cittadini su quanto accade. Il corretto giornalismo, che lo stesso professor Taormina invoca, è fatto talvolta anche di fotografie, o resoconti scritti, che possono urtare qualche sensibilità, o magari qualche interesse di parte». ..." Così Carlo Rossella, direttore del settimanale Panorama, si difende dalle polemiche vocianti che hanno mal visto la pubblicazione di alcune foto della casa dei Franzoni a Cogne. Rossella parla di "diritto di informazione" e sottolinea il fatto che lui e i suoi collaboratori "fanno il loro mestiere di cronisti". Come al solito, quando non si sa più con che cosa giustificare il proprio arrivismo e la smania di far notizia, ci si aggrappa a qualche "diritto", inventandone anche dei nuovi. Il caso Cogne è un chiaro esempio di come il linguaggio non abbia più la stessa importanza che aveva in passato e di come i camaleonti vincano sempre e comunque, in barba all'etica: in questo polverone i mezzi di informazione si sono trasformati in spelacchiati avvoltoi del dolore e dello smarrimento, in bookmaker della malattia mentale. I protagonisti tutti di questa bieca messinscena, di questa pantomima dell'indignazione, sono perfino riusciti a giustificare il diritto di trasformare un delitto orribile, dove la vittima è un bimbo di pochi anni, in una commedia mal riuscita dell'egocentrismo, del potere e dei mediocri, che grattano la pelle pur di far risaltare il proprio nome in mezzo alle masse dei molti. Quasi non conta più chi e come sia morto, se è morto e per causa di chi: conta solo la scena, l'eco dei nomi che hanno regalato a noi tutti questo film in diretta, questa specie di grande fratello in noir. Taormina è il personaggio principale di una fiction di bassa lega e i Franzoni sono le comparse del momento che si straccerebbero le vesti pur di raggiungere chissà quale scopo, chissà quale sedia, per una volta che è arrivata l'occasione. Penosi. Penso al figlio maggiore, dimenticato da tutti, soppiantato già da un nuovo fratellino in arrivo. Penso a Samuele, vittima innocente e indignata di questo tetro scenario di burattinai orbi, al quale non è stato concesso che qualche ora di commiato. Non hanno ancora sepolto la vittima che già si stanno spolpando la scena, dividendo il bottino e chi era indagato diventa la vittima, chi è morto è solo un dettaglio. La famiglia perde il suo significato di uovo protettivo e diventa solo una macchina fruttasoldi. Si sono perse le tracce del rispetto e della decenza, nessuno ha più avuto notizia del buon senso e della professionalità. Gli avvocati sono attori, i giudici quasi dei produttori, il pubblico, sbigottito, cerca una via di fuga da questo bombardamento mediatico targato Cogne, ormai nota solo per questa madre che ha distrutto la sua famiglia e che non sente più la voce della coscienza. Le vere vittime di tutto questa arraffare degli adulti sono sempre i bambini, che relegati ai margini di tutto invocano una verità, una sola, quella sola verità che basterebbe loro per riconquistare fiducia nella vita e nella giustizia. Ma qui di verità ce ne sono troppe e forse vincerà quella meglio propagandata: la giustizia dei tribunali, oggi, è puramente un fatto di marketing.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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