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mercoledì, ottobre 22, 2003


PUBBLICARE UN LIBRO - Considerazioni semiserie.
Pubblicare un libro in Italia sembra semplice ed invece pare sia tutt'altro che facile. Girando tra gli scaffali delle librerie ci si convince della facilità, della pubblicazione, perchè fin troppo spesso si notano opere insipide, tagliate facili o di debole carattere: la realtà invece inganna e se alcuni gridano allo scandalo delle raccomandazioni
"È un'impresa impossibile, anche se avete scritto qualcosa di dignitosissimo. Al sistema editoriale accedono solo gli amici degli amici, i nipoti, i già noti, ora i comici TV, ma tanti potenziali esordienti sbattono contro un muro, salvo pubblicare a proprie spese" (Corrado Sevardi)
altri giustificano l'ingolfamento dell'indotto editoriale con teorie di marketing che lasciano l'amaro in bocca ed il portafogli dimagrito. Altri ancora invece saltano immediatamente al passo successivo, criticando la distribuzione, poichè pare che il vero problema non stia tanto nell'essere pubblicati, quanto nell'essere realmente presenti nelle librerie.
Le opere più difficili da imporre sembrano essere proprio quelle di narrativa, forse perchè siamo tutti un po' scrittori e siccome la narrativa è ciò che esce con maggiore spontaneità dalle dita, tra gli editori aleggia una certa diffidenza, nonché una generalizzata e velata assuefazione alle migliaia di pagine di "nuova letteratura nazionale". Come dar loro torto? Puntare su un autore sconosciuto è sempre un rischio, una specie di scommessa col fato, un salto nel buio, e i soldi investiti sono soldi. Sebbene l'opera possa poggiare su basi linguistiche solide ed una serie di idee originali, rimane sempre un mistero come risponderà il mercato - eccezion fatta per certi prodotti di massa, di tormentoni o di richieste specifiche del momento.
Resta però indiscutibilmente vero che un autore dovrebbe portare avanti unicamente i progetti in cui crede - per coerenza etica e per completezza e gratificazione personali - a prescindere dal mercato e dalle sue mode ed indipendentemente da come, un giorno o forse mai, il pubblico si accorgerà di lui.
Qualità o quantità? Domanda sciocca, poichè ovviamente si preferisce un giusto ed equo miscuglio dei due ingredienti, sia per chi scrive che per chi propone letture.
Chi è riuscito a pubblicare ben conosce le diffioltà burocratiche, logistiche e finanziarie del mercato editoriale italiano - molto più di chi da anni tenta di farsi conoscere e ha raccolto solo "no" oppure opzioni di pubblicazione autofinanziata.
Molti autori restano delusi, ingannati dalle false promesse di un circuito editoriale congestionato, impoveriti di prospettive, e non è raro trovare chi preferisce tenere tutto dentro al proprio cassetto conservandolo per i posteri (per le scoperte a posteriori che per esempio tanto hanno dato alla figura di Kafka) e difendendolo dallo svilimento degli attestati dei vari concorsi o dagli abbracci bramosi di scaffali che tutto sembrano inghiottire ma che poco rilasciano ai lettori.
Allora che fare?
Per gli autori un consiglio semplicissimo: scrivere, scrivere e scrivere, senza scoraggiarsi, farlo perchè non si può farne a meno, perchè si ama farlo. Poi proporsi, senza paura, senza troppe aspettative. Volendo portare un esempio patetico - perdonate l'ardimentosa metafora - nel medioevo i più abili e forti cavalieri erano coloro che non temevano la morte, erano coloro ai quali, credendo fermamente nelle proprie forze, non faceva alcuna differenza restar vivi o morire. Lo scrittore dovrebbe essere altrettanto audace, non nel corpo ovviamente, bensì nell'animo, nelle idee (anche se alcuni autori - mi perdoneranno per le mie inadeguate considerazioni in merito - considerano la scrittura come carne che trasuda sangue e sentimento, come un prolungamento della proprie membra, inabissandosi nel profondo dell'esistenzialismo più, estremo).
Occorre senza dubbio non temere la stroncatura nè il rifuto, infeltrire l'ego che guida ogni scrittura, che rende vanesio ogni autore, anche nel proprio piccolo. Per una porta che si chiude un'altra è pronta ad aprirsi, scoprendo non solo doti tecniche ma soprattutto umane. la fortuna gioca un ruolo determinante, si sa, ma mai dimenticare che lo scrittore è prima di tutto uomo (donna).
E agli editori che domandare? Quello che tutti domandano, suppongo: pazienza e moderazione, anche davanti agli odori di best-seller, che frutterebbero un bel po' di entrate ma che rappresenterebbero per la letteratura un appuntamento mancato. L'editore - come l'insegnante - conduce non solo battaglie economiche private ma soprattutto percorsi linguistici e culturali che vanno ben oltre la materia, ben oltre le bandiere di partito, ben oltre le paure.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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