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mercoledì, ottobre 22, 2003


ILARIA ALPI - Nel 2002 esce in Italia "Ilaria Alpi. Il più crudele dei giorni" il film di Ferdinando Vicentini Orgnani che racconta la tragica morte della giornalista Rai Ilaria Alpi, uccisa a Mogadiscio il 20 marzo 1994 insieme al suo collega cameraman Miran Hrovatin. L'omicidio dei due giornalisti, caduti in territorio somalo - Paese straziato da guerre intestine e da interessi geopolitici - è diventato ben presto l'emblema di tutti coloro che hanno pagato col sangue il coraggio di perseguire la verità e di raccontare le ingiustizie che da sempre accompagnano traffici illeciti di armi, droga e altro.
A quasi dieci anni da quell'agguato non è stata ancora fatta giustizia: nessun reale responsabile è stato identificato né alcuna condanna è stata ancora formulata. Nessuno, da allora, ha pagato per questa insanabile perdita che ha impoverito e umiliato non solo il giornalismo internazionale, ma soprattutto la dignità di un popolo democratico come quello italiano. Ma chi conosce l'esatta trama dei fatti, il preciso susseguirsi di eventi che provocarono l'omicidio di Ilaria, c'è, solo che non vuole parlare, per paura o per pericolose promesse fatte. Da qualche parte, in Italia o all'estero, nelle maglie della burocrazia militare e governativa, esistono persone che sanno. Un silenzio, fatto di mezze verità, di ritardi e imperfezioni, di fotografie sfuocate, di taccuini scomparsi, di videocassette polverizzate nel nulla, di memorie imprecise e tentennanti, di contradditori, li protegge.
Le indagini, stirate e frastagliate durante tutti questi anni, ora torbide ed ora chiare, sono state più volte depistate da ignoti ed opachi personaggi che non potevano permettere la venuta a galla di informazioni pericolose.
Ciò che oggi sappiamo sui moventi che produssero la morte di Ilaria Alpi e Miran Hrovatin è stato appreso e documentato grazie all'ostinazione amorevole e alla rabbia legittima dei genitori di Ilaria e all'onesta attività di tutti i giornalisti italiani che hanno sentito il dovere ineluttabile di chiarire i numerosi ed insopportabili punti oscuri che da anni gravano su questo caso.
Il 21 ottobre 2003 i giornalisti di Report (Rai), guidati da Milena Gabanelli, trasmettono un lungo speciale sul caso Alpi, proponendo non solo immagini inedite di quel terribile pomeriggio di marzo, ma anche nuove interviste e scoperte inquietanti, con l'intento di dare una spinta a questa inchiesta - ferma da anni per taciuti e incomprensibili ostracismi governativi italiani - e di gettare nuove luci sui punti oscuri e strozzati di questo che sta diventando un vero e proprio caso di intrigo internazionale, dove i Paesi dell'Occidente Sviluppato sfruttano - secondo feroci leggi di mercato e di baratto - le poche risorse dei Paesi in via di Sviluppo in cambio di morte.
A valle delle decine di piste seguite, e delle molte ipotesi che hanno a poco a poco preso uno sconcertante corpo, si può certamente affermare che Ilaria Alpi fosse a conoscenza di informazioni brucianti e che fosse depositaria di una verità troppo scomoda non solo per i trafficanti d'armi locali - italiani e somali - ma soprattutto per i molti governi europei e degli Stati Uniti implicati in un tanto dilagante quanto scandaloso progetto di smaltimento illegale di rifiuti tossici. Molte cose di cui non si parla mai, per untuosa prudenza, continuano a macchiare di sangue la terra bruciata di pesi dimenticati dalla frenesia di un'informazione volutamente distorta e rauca.
La Storia insegna che dagli albori del ferro e della chimica, povertà, mercato ed interessi economici fanno rima con baratti immorali: lo smercio dei rifiuti tossici - coi quali sono stati imbottiti i suoli d'Africa e del centro America - si accompagna alla distribuzione nemmeno troppo velata di armi, facendo cadere le certezze dei benpensanti nella fogna dello sfruttamento e dell'inganno.
Dopo tante attese ed estenuanti battaglie legali, dopo troppe bugie e prove giudiziarie compromesse od occultate, nessuno di noi è ancora stanco di combattere: vogliamo la verità, per Ilaria e per Miran, per la giustizia, per i diritti umani. Non siamo per niente stanchi di chiedere, di capire, di cercare la luce. Questa volta nessuna amnesia collettiva potrà cancellare quest'orrore, né proteggere i responsabili. Nessuna oscurità potrà coprire il passato.
Per chi crede nel giornalismo d'inchiesta e per chi rispetta la vita umana, questa storia terribile e commovente non può né essere dimenticata né essere sminuita: essa non sarà una bandiera bianca abbandonata al vento, ma una domanda aperta che non troverà pace se non nella giustizia.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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