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mercoledì, aprile 30, 2003


ANTONIO POLITO - Ieri, durante il pranzo, ho ascoltato in radio il sempre interessante "28 minuti" di Barbara Palombelli. In studio era ospite Antonio Polito, il direttore de "Il riformista", quotidiano di sinistra che si proprone come punto di riflessione e di partenza per riformare la sinistra italiana, promuovendo un pesiero più "europeo". Polito è convinto che il modello da seguire sia quello laburista inglese e che la nostra sinistra sia fin troppo sedimentata in riforme ormai obsolete (come se volessimo aggiornare il nostro computer con programmi del decennio passato). Nel suo editoriale "La prima riforma: un salto generazionale" sottolinea l'importanza non solo di un ricambio di idee e obiettivi, che adeguino la classe politica di sinistra alle reali esigenze del Paese, ma soprattutto di come sia necessario un cambio di generazione, poichè personaggi come Bertinotti, Rutelli, D'Alema e Fassino - per quanto preparati e carichi di storia - non riescono a rappresentare la modernità evolutiva ed eterogenea dell'Italia di oggi, in continua trasformazione e afflitta da sempre nuovi problemi. Il primo vero scoglio da modernizzare resta dunque la stessa classe politica di sinistra, ormai fossilizzata nelle sue battaglie intestine e priva di quell'ottimismo che fa vincere le campagne politiche. Polito infatti sostiene che la vera carta vincente è rappresentata dall'ottimismo - ed il nostro premier in carica ne è l'emblema, se non erro - ovvero idee e proposte che incoraggino a risolvere i problemi, nonostante non solo possano essere inadeguate - chi può assicurarci del contrario? - ma addirittura vane. Il potere convincente del sorriso e della mano che rassicura le nostre spalle depresse l'abbiamo visto tutti: quello di cui non si parla a sufficienza sono gli effetti collaterali dello "smiling" elettorale.
Bhè, sarebbe fantastico se avvenisse questo sospirato cambio generazionale, almeno per vedere come potrebbero cambiare "un po' di cose", ma ho il chiaro presentimento che le seggiole di partito siano soggette agli stessi intrichi piramidali che da decenni soffocano l'università italiana e che impediscono non solo l'entrata o l'avanzamento delle giovani menti, ma anche l'affermazione e lo sviluppo del nuovo "ottimismo". Questa mia è retorica pura, contaminata anche da dietrologia spicciola, lo si capisce fin dal primo rigo, ma anche le idee riformiste lo sono se non radicano nella realtà. Ben vengano le riflessioni, gli spunti, le idee su come cambiare l'Italia per farla diventare un po' più europea, ma la carta da sola troppe volte ha fatto ben poco - e come mi è demotivante constatarlo -: servono fatti. Possiamo proporre di tutto, ma se non si cambiano le regole dentro alle stanze dei bottoni, quelle dove un semplice dirigente diventa un politico che assume delle "decisioni", le cose non muteranno granchè... prima ancora dei partiti, prima ancora dei dirigenti, sono sempre più convinta che occorra agire a livello istituzionale, laddove le ideologie non hanno ancora indebolito lo "Stato". Non posso accettare l'idea di riformare i partiti - nella speranza che "salvino" l'idea di Stato e di democrazia - se ancora oggi sono costretta a vedere che il presidente della repubblica è considerato solo un rappresentante del Paese che va ai party di regime e alle manifestazioni di memoria e che la Costituzione è considerata dalle stesse cariche di governo alla stregua di una lista della spesa.
Comunque, come si dice, la speranza è l'ultima a morire e dopo le sortite fuori programma di Nanni Moretti, le incoraggianti battaglie del "cinese" ed i girotondi, speriamo arrivi presto lo Spartaco tanto atteso. Nel frattempo godiamoci la triturazione chirurgica di ciò che resta della nostra Italia ...


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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