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lunedì, gennaio 27, 2003


PANNELLA (R)EVOLUTION - Su Marco Pannella bisognerebbe scrivere una lunghissima biografia e non basterebbe per descrivere tutta la vitalità e l'energia ribelle che lo abitano. Ogni sei mesi si parla di lui su tutte le testate giornalistiche italiane: a volte lo si vede coinvolto in battaglie sociali ed etiche condivisibili, coraggiose, altre volte invece è parte di movimenti a difesa di non si sa bene di "chi", come quest'ultima volta.
Pannella è sempre stato un politico controtendenza, sopra le righe, un personaggio unico nel suo genere che ha fatto del rifiuto dei compromessi la sua bandiera. L'ho ammirato in più occasioni, per l'audacia, il coraggio e la determinazione con le quali ha condotto battaglie socio-istituzionali importanti, ma a volte mi ha deluso, non tanto per ciò che ha detto, ma perchè ha rischiato, col suo comportamente indecifrabile ed istintivo, di incenerire la "sua" storia di uomo del fronte, di combattente per la libertà, ottenendo in cambio un pugno di mosche.
L'ultima sua battaglia lo vede gridare per la libera circolazione delle droghe leggere. Questa battaglia è certamente metafora eloquente di un pensiero che rifiuta le censure e le coercizioni e che fa della libertà individuale di azione e pensiero il proprio motto. Su questo non ho nulla da controbattere e anzi, ammetto di torvarmi d'accordo. Però vorrei capire come possono le droghe leggere dare "libertà" agli uomini e, soprattutto, perchè uno Stato, eticamente coinvolto nella tutela di queste "libertà", dovrebbe fregarsene della vita delle persone e del loro stato, e soprattutto del fatto che altri più furbi personaggi brucheranno, senza scrupoli, sulla schiena di chi realmente crede che certe "libertà leggere" potranno aumentare il tono muscolare della propria vita.
La legalizzazione del fumo semplice (sigarette, sigari, et..) ha accontetato un po' tutti ma è andata contro la funzione etica di un governo. Essa ha per me rappresentato un cruciale fallimento della legge. Lo Stato non può benedire la mia libertà individuale di farmi del male. Se proprio vuole concedermi questo sfizio, allora che "non" ci guadagni in prima persona. Legalizzare un malessere, significa in qualche modo lucrare sulle nostre debolezze e questo, da un'istituzione, non lo potrei accettare.
Ma il discorso potrebbe svilupparsi in meandri qui fuori luogo e certamente dare adito ad un dibattito molto più articolato. Uno degli ultimi esempi, che riconduce un poco al mio ragionamento, è stato il dibattito parlamentare sulla proprosta di riaprire le case chiuse (...mi è poi spuntata una domanda: ma Miccichè come ha risolto il problema della cocaina???)
Dunque, dove sta questa volta la rivoluzione di Pannella? e chi sta cercando di difendere? ma soprattutto, c'era bisogno di questo tipo di battaglia? Sono confusa, gradirei chiarimenti.


 


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Immagine di bimbo che saluta. Ciao e a presto!

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